martedì 21 aprile 2009

Fave... odorose

Mia nonna è una delle tante centenarie italiane. Ha trascorso la vita dietro i fornelli, nel tempo in cui le cucine non erano i sofisticati laborati alchemici di oggi, ma piuttosto officine del diavolo. Era cuoca ai tempi della guerra, in una trattoria di provincia di proprietà della sua famiglia: un avamposto del gusto, una trincea di prodotti introvabili ai più. Le cose poi sono cambiate e, una volta chiuso il ristorante, è diventata la nostra cuoca personale, un po’ come il Messisbugo alla corte estense di Ferrara o Bartolomeo Scappi, cuoco di cardinali nella Roma papalina del cinquecento. Potete capire. A lei devo l’amore per il buon cibo, la voglia di nutrire gli altri e una ricca raccolta di ricette della tradizione marchigiana, che mi diverto a reinventare. Ecco due modi semplici e odorosissimi di preparare le fave.

Fave con lo sverdo
Che cos’è lo sverdo? E’ il mentone selvatico. Nonna lo pestava nel suo mortaio insieme a foglie di prezzemolo e aglio fresco. In cucina si spandeva un profumino di primavera che faceva schioccare la lingua! Intanto sul fuoco bollivano le fave fresche e tenerelle, appena sgusciate. Quando erano lessate, le metteva nell’insalatiera e le condiva con il trito aromatico diluito con olio di frantoio. Qualche volta aggiungeva anche una spruzzatina di aceto.

Fave in porchetta
Questa è l’alternativa aromatica. Il trito, in questo caso, è molto più ricco: mentuccia, rosmarino, sverdo, maggiorana, salvia, ma il sapore prevalente è quello del finocchio bastardo (cioè selvatico), da cui questa ricetta prende anche il nome. Nonna faceva appassire metà del trito in padella, con cipollina fresca e un filo di olio. Spruzzava di vino bianco e, quando era evaporato, aggiungeva del pomodoro fresco a pezzetti, non tanto maturo. Aggiungeva un bicchiere d’acqua e, per una decina di minuti, faceva andare il sughetto. Solo allora buttava nell'intingolo le fave fresche sgusciate, le più piccole e tenere, e portava a cottura aggiungendo acqua. Quasi alla fine aggiungeva l’altra metà del trito e regolava il sale. Meraviglioso!

Nonna non ha mai usato dosi (eccetto che per i dolci e poche altre preparazioni), ha sempre "pesato" con gli occhi e tutte le le volte che le ho chiesto: "Nonna, ma quanto...?" mi ha sempre risposto: "Ti regoli".

3 commenti:

  1. Thanks for your message.
    I hope yuo'll return to see my blog!

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  2. Ciao, ti seguo da Buenos Aires, ..avevo scritto un po' di tempo fa...adesso ho aperto un piccolo neonato foodblog da quaggiu' e vedro' di riproporre le ricette della nostra tradizione. I miei sono marchigiani e vivono paciosamente nelle verdi colline del pesarese, ho nonne marchigiane e tanti ricordi simili ai tuoi..se mi vuoi seguire sono qui: http://glu-fri.blogspot.com/...mi farebbe piacere. Un po' di marche a ritmo di tango...ah dimenticavo sono celiaca quindi devo riadattare tutto con farine alternative...mannaggia...

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  3. Dimenticavo la cosa piu' importante..e' proprio bello il blog ! Ti seguo con reader

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