giovedì 30 aprile 2009

Nell’attesa... palline di robiola

L’attesa è un’arte perduta.
Chi ancora la pratica, merita stuzzichini ‘dorosi.

Palline di robiola e pimpinella
La pimpinella è un’erba piccina. Le foglie sono tonde, assomigliano a piccoli ventagli dentellati; il sapore ricorda la noce e anche un po’ il cetriolo. Nelle Marche si usa mangiarla comunemente nell’insalata. C’è anche un vecchio proverbio che recita più o meno così: l’insalata non è bella, se non c’è la pimpinella. E’ un’erba trovata, spontanea, ma è dispobile e di ottima qualità anche nella grande distribuzione (io la compro alla Coop), grazie ad un'azienda marchigiana a cui volentieri faccio pubblicita:
http://www.pimpinellaec.it/.

Ingredienti
250 gr di robiola
foglie di pimpinella
un cucchiaio di latte
100 gr di noci sgusciate
cannella
sale

Come procedere
Amalgamate la robiola e il latte; il composto deve essere morbido ma sostenuto, perchè ne dovete ricavare delle palline, quindi, se la robiola è molto cremosa, potete evitare di aggiungere il latte. Unite al composto le foglioline di pimpinella: io non le trito perchè sono piccole. Le dosi vanno regolate secondo il gusto: io utilizzo circa 30-40 foglioline per questa quantità di robiola. Aggiungete un pizzico di cannella e di sale. Tritare grossolanamente le noci e fate rotolare le palline nel trito, come se doveste impanarle. Tenetele un paio d’ore in frigo prima di servirle.

martedì 28 aprile 2009

La torta al testo

Non voglio paragonarla alla contaminazione - ben più rivoluzionaria - del pomodoro, cibo "nuovo" arrivato dalle Americhe, ma è un fatto che la torta al testo umbra, approdata nelle Marche insieme a mio marito alcuni anni fa, si è oggi diffusa prepotentemente, diventando oggetto di sfida tra gli amici, che ne azzardano versioni alternative.
L'ultima, sabato sera.



La tradizione

1 kg di farina 0
2 bustine di lievito per pizza
1 cucchiaio di parmigiano reggiano grattugiato
2 cucchiai di olio evo
un cucchiaino di sale
acqua q.b.
(1 uovo facoltativo)

Gastronomicamente modificata
Nella "provocatoria" versione dei nostri amici campani (... e loro se ne intendono!!!) si utilizzano 700 gr di farina integrale e 300 di farina 0. Il resto è invariato.

Come procedere
Vi ricordate il film cult “Incontri ravvicinati del terzo tipo”? Vi ricordate la montagna costruita in casa da Richard Dreyfuss (che interpreta Roy Neary) mentre cerca di dare un senso a ricordi e sensazioni? E' proprio quello che dovete fare con la farina. Ai bordi della bocca del cratere mettete il sale, il parmigiano e il lievito e cominciate a versare acqua nella cavità. Poca alla volta, amalgamando con le mani sempre più farina, fina a raccoglierla tutta. A quel punto aggiungete l'olio e lavorate il composto fino a ottenere una palla elastica e morbida.

Lasciatela riposare giusto il tempo di mettere sul fuoco il testo di ghisa e lasciarlo scaldare. Deve essere ben caldo. Il testo si compra facilmente anche fuori dai confini umbri e, per quanto ne so, ne esistono di due dimensioni: quello che vedete in foto è il più piccolo. Dividete in due la palla e stendetela col mattarello; deve essere alta circa un dito, perchè va farcita. Trafiggetela con la forchetta e metteteta sul testo. Occorre girarla diverse volte e quindi attenzione che non si rompa! E’ pronta quando “suona”, ovvero quando, colpendola con coltello, fa risuonare un toc sordo. Tagliatela ancora calda e servitela subito.

PS. Sullo sfondo la torta "gastronomicamente modificata".

Secondo la tradizione umbra va farcita con lonza (capocollo) e prosciutto. Nella versione invernale si gusta con verdure miste cotte e salsiccia e in quella estiva con stracchino e rucola (molto più moderna!!!). Non faccio nemmeno cenno alla variabile di farcitura introdotta dai campani: vi dico solo che c’erano i fagioli... mio marito ancora non si è ripreso.
Eppure, mangiando, mi è venuta voglia di provarne una versione ancora più ardita: caffè e lardo di colonnata. Vi tengo aggiornati.

Al prossimo post...

lunedì 27 aprile 2009

Le crêpe del 25 aprile

Piove ancora. E fa freddo. Niente gita in campagna, niente panini burrosi nè focacce farcite, nè dolcetti e vino cotto. Ho ripescato la ricetta delle buon vecchie crêpe. Niente di originale, ma l'effetto cromatico, dato dalle fragole, è festoso e, si sa, si mangia anche con gli occhi.

PS. La foto è stata scattata prima della nevicata di zucchero a velo...

Per la crema pasticcera
5 rossi d'uovo
½ litro di latte
150 gr di zucchero
50 gr di farina 00
buccia di limone
stecca di vaniglia
uno o due chicchi di caffè

Scaldate, portando quasi a bollore, il latte con la stecca di vaniglia aperta a metà, due pezzetti di buccia di limone (attenti alla parte bianca della buccia che restituisce un gusto amaro) e i chicchi di caffè. Battete le uova con lo zucchero e incorporate la farina. Aggiungete il latte caldo alle uova poco alla volta, attraverso un colino, mescolando, e riportate la crema sul fuoco fino a quando si sarà addensata. Quando è tiepida aggiungete alla crema la stessa quantità di panna montata, incorporando delicatamente dall'alto verso il basso.

Per le crêpe (circa 10)
3 uova intere più 1 rosso
175 ml di latte
25 ml di burro
un cucchiaino di zucchero (o sale non le usate per il dolce)

Sbattele le uova con lo zucchero, incorporate man mano la farina. Aggiungete il latte e alla fine il burro fuso (aspettate qualche minuto, non deve essere troppo caldo quando lo versate sulle uova). Otterrete un composto cremoso che va lasciato riposare per circa mezz'ora.
Ottenere delle buone crêpe è solo una questione di polso. Utilizzate una padella antiaderente, più o meno larga a seconda della misura delle crêpe che volete ottenere. Imburratela, ma poco e solo all'inizio. Quando la padella è molto calda, versate il composto (circa ½ mestolo) al centro della padella e fate girare la padella fino a distribuire il composto in modo uniforme. Riportate la padella sul fuoco e aspettate che la crêpe si stacchi... dovete controllarla! Quando si stacca, fatela saltare e giratela con l'aiuto di una spatola.

Composizione del piatto
Ho utilizzato un piatto della stessa misura della crêpe; un piattino da dolce. Disponete la crêpe e farcitela con la soffice crema, richiudetela a metà. Mettete al centro le fragole (lasciate macerare con il succo di 2 arance tarocco e due cucchiai di zucchero) e lasciate che loro succo inondi la parte del piatto libero. Otterrete un effetto molto bello.
Un piatto... metà rosso, metà no!

giovedì 23 aprile 2009

Tortino di ricotta e asparagi

La prima volta che ho provato questo tortino era.... un dessert.
Magnifico: con pezzetti di mela e uno sciroppo godurioso. Ho provato a rifarlo, ma senza successo. Incapace di raggiungere la stessa succulenza, ho deciso di testarne una versione salata. Mi piace soprattutto in primavera e questa è la mia versione preferita.

Ingredienti (per 6 tortini)
500 gr di ricotta di pecora
10 asparagi
6 fiori di zucca
1 pomodoro grande "cuore di bue" non troppo maturo
1 cipola fresca
qualche foglia di basilico
sale e pepe
olio evo

Procedimento
Fate appassire nell’olio la cipolla, aggiungete gli asparagi, puliti e tagliati a piccoli tocchetti, e il basilico. Fate rosolare per qualche minuto, poi aggiungete il pomodoro a pezzetti. Lasciate andare a fuoco vivace, aggiungendo brodo vegetale (acqua, se non lo avete) fino a cottura degli asparagi. Aggiungente i fiori di zucca quasi alla fine, solo i petali tagliati a striscioline per evitare che il fiore, cotto intero, si appallottoli e crei difficoltà quando si taglia il tortino.

Passate al setaccio la ricotta per renderla soffice, aggiustate di sale e pepe. A questo punto preparate il tortino. Io utilizzo un pirottino di alluminio usa e getta, che ricopro all'interno con la pellicola trasparente. L’antipasto è "sostanzioso", quindi consiglio uno stampino non troppo grande. Mettete sul fondo un cucchiaio di ricotta e battete, leggermente, lo stampino sul tavolo, perchè la ricotta si compatti e si aggiusti. Aggiungete un po’ di salsa di asparagi, senza troppo sughetto (come vedete dalla foto la mia era un po' troppo liquida e "pomodorosa", dovrebbe essere più asciutta), e ricoprite con altra ricotta. Battete ancora il tortino, in modo che si adatti perfettamente alla forma, e richiudete la pellicola trasparente. Lasciate in frigo almeno un paio d’ore.
Questo tortino può essere servito freddo, ma io lo preferisco tiepido e lo passo un attimo al microonde, una volta rovesciato sul piatto di portata. Potete guarnirlo con la salsa di asparagi rimasta, ma - alternativa odorosa - potete anche preparare una salsa aromatica, frullando due dita di olio evo, 2 cucchiai di acqua, 1 cucchiaio di foglie di mentuccia e un pizzico di sale.

martedì 21 aprile 2009

Fave... odorose

Mia nonna è una delle tante centenarie italiane. Ha trascorso la vita dietro i fornelli, nel tempo in cui le cucine non erano i sofisticati laborati alchemici di oggi, ma piuttosto officine del diavolo. Era cuoca ai tempi della guerra, in una trattoria di provincia di proprietà della sua famiglia: un avamposto del gusto, una trincea di prodotti introvabili ai più. Le cose poi sono cambiate e, una volta chiuso il ristorante, è diventata la nostra cuoca personale, un po’ come il Messisbugo alla corte estense di Ferrara o Bartolomeo Scappi, cuoco di cardinali nella Roma papalina del cinquecento. Potete capire. A lei devo l’amore per il buon cibo, la voglia di nutrire gli altri e una ricca raccolta di ricette della tradizione marchigiana, che mi diverto a reinventare. Ecco due modi semplici e odorosissimi di preparare le fave.

Fave con lo sverdo
Che cos’è lo sverdo? E’ il mentone selvatico. Nonna lo pestava nel suo mortaio insieme a foglie di prezzemolo e aglio fresco. In cucina si spandeva un profumino di primavera che faceva schioccare la lingua! Intanto sul fuoco bollivano le fave fresche e tenerelle, appena sgusciate. Quando erano lessate, le metteva nell’insalatiera e le condiva con il trito aromatico diluito con olio di frantoio. Qualche volta aggiungeva anche una spruzzatina di aceto.

Fave in porchetta
Questa è l’alternativa aromatica. Il trito, in questo caso, è molto più ricco: mentuccia, rosmarino, sverdo, maggiorana, salvia, ma il sapore prevalente è quello del finocchio bastardo (cioè selvatico), da cui questa ricetta prende anche il nome. Nonna faceva appassire metà del trito in padella, con cipollina fresca e un filo di olio. Spruzzava di vino bianco e, quando era evaporato, aggiungeva del pomodoro fresco a pezzetti, non tanto maturo. Aggiungeva un bicchiere d’acqua e, per una decina di minuti, faceva andare il sughetto. Solo allora buttava nell'intingolo le fave fresche sgusciate, le più piccole e tenere, e portava a cottura aggiungendo acqua. Quasi alla fine aggiungeva l’altra metà del trito e regolava il sale. Meraviglioso!

Nonna non ha mai usato dosi (eccetto che per i dolci e poche altre preparazioni), ha sempre "pesato" con gli occhi e tutte le le volte che le ho chiesto: "Nonna, ma quanto...?" mi ha sempre risposto: "Ti regoli".

domenica 19 aprile 2009

Salsa di patate al limone


Sul filo del rasoio, ma non ho resistito. Partecipo al concorso ''ci piace un sUcco'', promosso da Lost in kitchen (auguri per il compleanno!) con questa ricetta tirata fuori dal quadernetto delle meraviglie culinarie. Non ricordo più a chi l'ho ''rubata'' né se si tratti di una versione originale o “gastronomicamente modificata” (le ricette amanuensi appartengono all'era pre-pc), ma è ottima e la uso spesso.

E' una salsa di patate al limone, una diversa “maionese” da utilizzare con il pesce bollito, ma anche - per chi la ama - da accompagnare a una freschissima tartare. Velocissima da preparare, può essere arricchita con odori di stagione, a seconda della preparazione.


Ingredienti
2 patate normali,
il succo di mezzo limone,
brodo vegetate,
sale e pepe,
olio evo.

Procedimento
Lessate, sbucciate e passate le patate. Diluite con il succo del limone, olio evo (io ne utilizzo due cucchiai, ma dipende anche dal gusto... e dalla grandezza delle patate) e aggiungete brodo vegetale fino ad ottenere la consistenza desiderata, più o meno cremosa. A questo punto aggiustate di sale e pepe e, secondo il gusto, aggiungete erbe aromatiche. Per il pesce, ad esempio, è ottima con un trito di erba cipollina.




E così partecipo al mio primo concorso!!!

venerdì 17 aprile 2009

Crostone di uova in trippa

Cominciamo dall’inizio. Dunque dall’antipasto. In realtà da giorni cerco la "ricetta perfetta": vista la meravigliosa ricchezza dei blog, mi è venuta un po' d'ansia da prestazione! Qualche volta mi capita anche in cucina. In questi casi... ricomincio da una preparazione semplice. Vi propongo un antipasto gustoso e odoroso: un crotone di uovo in trippa al profumo di mentuccia.

Ingredienti
3 uova,
2 pomodori freschi rossi,
1 cipollina fresca,
1 cucchiaio di parmigiano reggiano grattugiato,
foglie di mentuccia,
buccia di limone grattugiata;
sale e pepe

Procedimento
Battete le uova con sale, pepe e la buccia del limone grattugiata (la quantità dipende dal gusto: io per 3 uova metto la buccia di un limone piccino). Ricavate tre frittatine sottili che vanno tagliate a striscioline, proprio come la trippa. A parte preparate il sughetto: fate appassire la cipolla in un filo di olio evo e aggiungete il pomodoro fresco, spellato e tagliato a pezzetti. Aggiustate di sale e lasciate cuocere per pochi minuti; aggiungete a questo punto le striscioline di uovo e lasciate ancora sul fuoco per altri 5 minuti, dopo aver aggiunto il parmigiano e le foglie di mentuccia.
A questo punto non resta che abbrustolire fette di pane casereccio e servire i crostoni con sopra un cucchiaio di uovo in trippa. Buon appetito!

mercoledì 15 aprile 2009

l’acqua ‘dorosa


L’acqua, al mattino, era freddissima ma il profumo di fiori rimaneva a lungo sulla pelle. Profumo di rose. Mia madre metteva i petali in una bacinella piena di acqua, che restava fuori dalla finestra tutta la notte. Era la festa dell’Ascensione, 40 giorni dopo Pasqua, e al mattino con l’acqua benedetta ci si lavava il viso. Quel rito conteneva la promessa di salute per tutto l’anno. Per me l’attesa di quel piccolo miracolo notturno, impalpabile e invisibile, era eccitante quasi come la notte di Natale. Nell’acqua ‘dorosa si mettevano fiori e erbe aromatiche: lavanda, gelsominio, ma anche fiori di rosmarino, foglie di alloro, menta e salvia.

Quando ho pensato a questo blog, e a quale nome scegliere, non ho avuto dubbi. Un omaggio ai profumi, che sono anche scampoli di memoria, e all’attesa, tra tutti gli ingredienti, quello più necessario per un’ottima riuscita. In cucina come nella vita.

Questo blog è anche il ristorante che non ho ancora aperto e il ricettario che non ho ancora scritto...

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails